You don't know the half of the abuse....But after all I've said, please don't forget....
- 01:59:00
- By Federica R
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(cit. Heathens - Twenty One Pilots)
Avrei bisogno di un poco di serenità , di tempo per tirare il respiro, di qualcosa che me lo tolga, di più speranza e di una buona dose di certezze in più.
Avrei bisogno di un altro momento che mi provi che la tristezza possa pur esistendo essere battuta, avrei bisogno di smettere di sentirmi così sola nella mia vita anche se circondata da persone.
Avrei bisogno di meno forza e più sostegno, di meno coraggio e più pazienza.
E avrei anche bisogno di più fiducia, non in me stessa ma nel prossimo, quella che ti fa chiudere gli occhi e fidare, a conferma che non sempre quando ci si lancia poi si cade, che delle volte qualcuno ti prende poco prima dello schianto e fa sì che nulla si rompa. Perché i cocci posso sistemarli anche da sola, ma per rompersi, oh per rompersi, si ha bisogno che anche l'altro ci getti, giù, dal piano più alto della nostra anima fino al profondo di uno di quei vuoti che trova fine la durezza delle nostre fragilità , di quelle paure che mai nessuno è stato in grado di farci passare, nemmeno noi stessi.
Avrei bisogno della coperta rimboccata prima di dormire e del bacio sulla fronte, quell'insieme di piccoli gesti che da piccola facevano scomparire i mostri da sotto al letto e ora forse per un paio d'ore gli metterebbero a riposo nella testa.
Avrei bisogno di smettere di dover fare tutto da sola, anche quando so di esserne perfettamente in grado, perché nel bene e nel male su di me so di poter contare sempre e comunque.
Tutto il tempo che è trascorso mi ha così cambiato, e mi cambierà ancora, e tutti i piani, diavolo, tutti i miei bellissimi piani sono andati per i fatti loro e sono così simile e diversa a chi volevo essere e a chi sarei potuta diventare da non capire mai se mi amo o mi detesto.
Mi sono fatta così spigolosa ammorbidendomi, è come se una volta scesa a patti con la realtà dei fatti e con me stessa, mi fossi fatta tutta spigoli.
Un sorriso a 32 denti, si ma, acuminati.
Senza rendermi conto più mi sono avvicinata a me stessa, più mi sono allontanata dagli altri, tutti gli altri, anche quelli che c'erano da prima e da sempre. Ho sempre affidato pezzi di me alle persone sbagliate, inconsapevolmente e innocentemente certo, ma ne ho pagato comunque il prezzo ed è stato salato, come le lacrime. E poi alla fine, anche quelle sono sparite, finite.
Ho semplicemente smesso.
Smesso di avvicinarmi all'altro, smesso di essere assertiva e accomodante, smesso di vedere sempre e comunque il buono, smesso di avere fiducia, smesso di fidarmi, smesso di lasciare il beneficio del dubbio. Smesso, come se il realismo in cui fossi precipitata avesse cancellato la speranza, che qualcuno ancora possa sorprendermi senza poi farmi male, che le persone non sempre siano armi contro noi stessi.
Il concetto delle maschere, me ne stavo quasi dimenticando, cancellato dalla mente che se ci penso poi devo pensare al passato e allora meglio di no dai, ma oggi devo farci i conti. Bisogna fare sempre i conti con tutto prima o tardi, anche con quello che si vorrebbe cancellare o scordare. Viene fuori così, nel bel mezzo di un discorso, da una persona che forse delle volte pur non volendolo è più persona di quel che deriderebbe essere e non si capisce mai se abbia più paura a farsi domande o a darsi delle risposte o più nel quello che succede dopo, quando hai fatto la domanda giusta e ti sei dato la risposta più vera di cui fossi capace. Tira fuori sta storia delle maschere, delle infinite maschere che si possono utilizzare con il prossimo. Senza sapere che io per una maschera mi sono persa nei tanti labirinti che attraversano la mia mente, che io per una maschera ho buttato tutto all'aria, che io con una maschera ho saputo voler bene anche allo schifo che c'era sotto alla maschera dell'altro.
E mi rattristo, perché ripenso a me e a lui e a tutto quello che ci siamo detti e abbiamo fatto attraverso le mille maschere che si possono indossare per fingersi meno spaventati dalla vita, dall'altro e da quello che si è. Poi si aggiungono i ricordi, le tracce di sé che ha disseminato, concrete, tangibili, leggibili. C'è chi ha i "ti amo" scritti bianco e nero su qualche foglio e chi ha teschi o frasi acide sotto ad ogni foto e terzi che dicono "lo sai!" quando in verità non so niente io, figuriamoci loro.
Bella differenza no? Ma ti legano uguale, fanno solo male in maniera diversa.
Grottesco come l'unica volta che davvero ho lasciato la presa, ho sbandato, avessi indosso ogni volta una maschera diversa, ma non falsa, erano sempre parti di me. Le mie maschere non erano altro che quello che sarei voluta essere, quella vita che tanto mi sarebbe piaciuto poter vivere. Una maschera per rendere un poco tutto più accettabile e vicino, una per potergli piacere di più, un'altra per poter piacere di più a me stessa, questa volta.
Ero attratta dalla possibilità di dimenticare tutto attraverso qualcun'altro che pur sbandando non mi facesse schiantare. Invece è stato un frontale, e poi ho smesso.
Ho smesso di indossare le maschere delle possibilità , soprattutto se quelle possibilità passano per la vita di qualcun'altro.
è che ora il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, lo vedo semplicemente come un bicchiere da riempire ancora un pò, solo un altro pò.
Il dolore, la realtà , la rabbia non sono pene da scontare, sono solo attuali constatazioni, non precludono un futuro radioso, non precludono nulla, vanno solo accolte, abbracciate e poi cambiate per quanto possibile, per come fattibile.
E forse, il mio più grande sollievo, è che ora che mi sento come scollegata da chiunque, come
disconnessa nei confronti delle persone che appartengono alla mia vita, tanto da chiedermi quanto sia profondo l'affetto che mi lega, non mi sono mai sentita così tanto in compagnia di me stessa come ora!
Nessuna fuga, nessuna sconcertante e atterrante sofferenza, devo solo trovare per l'ennesima volta la voglia necessaria per prendere la bottiglia e (ri)riempire il mio bicchiere.
Avrei bisogno di un poco di serenità , di tempo per tirare il respiro, di qualcosa che me lo tolga, di più speranza e di una buona dose di certezze in più.
Avrei bisogno di un altro momento che mi provi che la tristezza possa pur esistendo essere battuta, avrei bisogno di smettere di sentirmi così sola nella mia vita anche se circondata da persone.
Avrei bisogno di meno forza e più sostegno, di meno coraggio e più pazienza.
E avrei anche bisogno di più fiducia, non in me stessa ma nel prossimo, quella che ti fa chiudere gli occhi e fidare, a conferma che non sempre quando ci si lancia poi si cade, che delle volte qualcuno ti prende poco prima dello schianto e fa sì che nulla si rompa. Perché i cocci posso sistemarli anche da sola, ma per rompersi, oh per rompersi, si ha bisogno che anche l'altro ci getti, giù, dal piano più alto della nostra anima fino al profondo di uno di quei vuoti che trova fine la durezza delle nostre fragilità , di quelle paure che mai nessuno è stato in grado di farci passare, nemmeno noi stessi.
Avrei bisogno della coperta rimboccata prima di dormire e del bacio sulla fronte, quell'insieme di piccoli gesti che da piccola facevano scomparire i mostri da sotto al letto e ora forse per un paio d'ore gli metterebbero a riposo nella testa.
Avrei bisogno di smettere di dover fare tutto da sola, anche quando so di esserne perfettamente in grado, perché nel bene e nel male su di me so di poter contare sempre e comunque.
Tutto il tempo che è trascorso mi ha così cambiato, e mi cambierà ancora, e tutti i piani, diavolo, tutti i miei bellissimi piani sono andati per i fatti loro e sono così simile e diversa a chi volevo essere e a chi sarei potuta diventare da non capire mai se mi amo o mi detesto.
Mi sono fatta così spigolosa ammorbidendomi, è come se una volta scesa a patti con la realtà dei fatti e con me stessa, mi fossi fatta tutta spigoli.
Un sorriso a 32 denti, si ma, acuminati.
Senza rendermi conto più mi sono avvicinata a me stessa, più mi sono allontanata dagli altri, tutti gli altri, anche quelli che c'erano da prima e da sempre. Ho sempre affidato pezzi di me alle persone sbagliate, inconsapevolmente e innocentemente certo, ma ne ho pagato comunque il prezzo ed è stato salato, come le lacrime. E poi alla fine, anche quelle sono sparite, finite.
Ho semplicemente smesso.
Smesso di avvicinarmi all'altro, smesso di essere assertiva e accomodante, smesso di vedere sempre e comunque il buono, smesso di avere fiducia, smesso di fidarmi, smesso di lasciare il beneficio del dubbio. Smesso, come se il realismo in cui fossi precipitata avesse cancellato la speranza, che qualcuno ancora possa sorprendermi senza poi farmi male, che le persone non sempre siano armi contro noi stessi.
Il concetto delle maschere, me ne stavo quasi dimenticando, cancellato dalla mente che se ci penso poi devo pensare al passato e allora meglio di no dai, ma oggi devo farci i conti. Bisogna fare sempre i conti con tutto prima o tardi, anche con quello che si vorrebbe cancellare o scordare. Viene fuori così, nel bel mezzo di un discorso, da una persona che forse delle volte pur non volendolo è più persona di quel che deriderebbe essere e non si capisce mai se abbia più paura a farsi domande o a darsi delle risposte o più nel quello che succede dopo, quando hai fatto la domanda giusta e ti sei dato la risposta più vera di cui fossi capace. Tira fuori sta storia delle maschere, delle infinite maschere che si possono utilizzare con il prossimo. Senza sapere che io per una maschera mi sono persa nei tanti labirinti che attraversano la mia mente, che io per una maschera ho buttato tutto all'aria, che io con una maschera ho saputo voler bene anche allo schifo che c'era sotto alla maschera dell'altro.
E mi rattristo, perché ripenso a me e a lui e a tutto quello che ci siamo detti e abbiamo fatto attraverso le mille maschere che si possono indossare per fingersi meno spaventati dalla vita, dall'altro e da quello che si è. Poi si aggiungono i ricordi, le tracce di sé che ha disseminato, concrete, tangibili, leggibili. C'è chi ha i "ti amo" scritti bianco e nero su qualche foglio e chi ha teschi o frasi acide sotto ad ogni foto e terzi che dicono "lo sai!" quando in verità non so niente io, figuriamoci loro.
Bella differenza no? Ma ti legano uguale, fanno solo male in maniera diversa.
Grottesco come l'unica volta che davvero ho lasciato la presa, ho sbandato, avessi indosso ogni volta una maschera diversa, ma non falsa, erano sempre parti di me. Le mie maschere non erano altro che quello che sarei voluta essere, quella vita che tanto mi sarebbe piaciuto poter vivere. Una maschera per rendere un poco tutto più accettabile e vicino, una per potergli piacere di più, un'altra per poter piacere di più a me stessa, questa volta.
Ero attratta dalla possibilità di dimenticare tutto attraverso qualcun'altro che pur sbandando non mi facesse schiantare. Invece è stato un frontale, e poi ho smesso.
Ho smesso di indossare le maschere delle possibilità , soprattutto se quelle possibilità passano per la vita di qualcun'altro.
è che ora il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, lo vedo semplicemente come un bicchiere da riempire ancora un pò, solo un altro pò.
Il dolore, la realtà , la rabbia non sono pene da scontare, sono solo attuali constatazioni, non precludono un futuro radioso, non precludono nulla, vanno solo accolte, abbracciate e poi cambiate per quanto possibile, per come fattibile.
E forse, il mio più grande sollievo, è che ora che mi sento come scollegata da chiunque, come
disconnessa nei confronti delle persone che appartengono alla mia vita, tanto da chiedermi quanto sia profondo l'affetto che mi lega, non mi sono mai sentita così tanto in compagnia di me stessa come ora!
Nessuna fuga, nessuna sconcertante e atterrante sofferenza, devo solo trovare per l'ennesima volta la voglia necessaria per prendere la bottiglia e (ri)riempire il mio bicchiere.